Articolo della psicologa – psicoterapeuta- psicooncologa Sabrina Marini apparso sulla rivista online “Milano più sociale”.
“L’essere umano può superare qualsiasi trauma. Siamo animali più flessibili e resistenti di quanto si possa immaginare. E la nostra mente lo è allo stesso modo” Boris Cyrulnik
Quando le catastrofi ci toccano, nascono le sensazioni di impotenza e paura ma scaturiscono negli uomini anche grandi risorse per continuare una vita priva di sicurezze.
Cosa succede quando le nostre certezze di base, il terreno che ci regge viene meno?
Cosa succede quando l’energia della natura si risveglia all’improvviso e noi essere umani diventiamo più consapevoli della nostra impotenza e fragilità?
Cosa succede alla mente umana quando vive quotidianamente nella paura, nell’incertezza, nella precarietà, aspettando l’arrivo di una nuova scossa sismica, oppure talmente sensibilizzati al tremare della terra, ci mettiamo in una posizione corporea di fuga, poichè ogni movimento dell’ambiente viene percepito e interpretato come scossa sismica?
Angoscia, ansia, paura, difficoltà a pensare con chiarezza, difficoltà a progettare anche a breve termine. Si vive in uno stato continuo di allerta, di agitazione, di incertezza che la mente umana fa fatica a reggere e sopportare.
Ecco allora che alle domande che ognuno di noi si pone “Per quanto tempo? Quando finirà tutto ciò?” non abbiamo risposte nè tantomeno risposte sicure che invece vorremmo. Si avverte continuamente un clima di tensione e volti umani che esprimono paura e stanchezza perchè è difficile dormire e riposare bene durante la notte.
In qualità di psicologa volontaria dell’emergenza, l’esperienza sul campo permette di rilevare direttamente e intensamente i vissuti emotivi della gente e osservare i diversi modi creativi con cui questa affronta l’evento terremoto. La maggior parte delle persone vive ad oggi nei campi allestiti dalla protezione civile, dove giungono non solo persone sfollate dalle proprie abitazioni perchè inagibili, ma anche persone che, seppure hanno casa agibile, si trasferiscono lì perchè hanno paura.
Ed ecco che il campo diventa lo spazio e luogo di protezione, di rassicurazione, in cui “nulla succederà nonostante le continue scosse” ma anche di condivisione dell’esperienza vissuta, di incontri e nuove conoscenze.
Si vive e si esprime concretamente la paura, la minaccia esistenziale del terremoto, della “bestia” che arriva all’improvviso e sconvolge l’esistenza, l’integrità fisica e psichica dell’essere umano, che perde in un attimo la propria casa, i propri beni materiali e non, il proprio lavoro e , come nel terremoto del 24 agosto, in modo più drammatico, i propri cari.
In pochissimo tempo il senso della propria identità e delle certezze basilari vengono spazzate via, si resta impietriti di fronte l’immane forza della natura. Ed ecco che il sentimento di rabbia, commista alla sensazione di impotenza, all’incapacità di pensare al next, riporta all’unica certezza quale la caducità della vita e il limite umano.
Gradualmente la percezione del tempo, dei giorni che passano, lasciano il posto ad un tempo che scorre non più scandito da ritmi di vita quotidiana.
Una giovane donna con il suo bambino di 10 mesi, già da alcuni giorni al campo, sta aspettando di essere trasferita di li a poche ore con il marito e il figlio sulla costa, dove “potrò trovare condizioni migliori e potrò dormire” Esausta e stanca, in quel momento non riesce a consolare il bambino che piange e urla, e afferma che “vorrei fosse tutto un sogno da cui tra poco mi sveglierò”.
Gli sguardi reciproci, i movimenti corporei, il condividere spazi comuni portano ad un livellamento della gente, dove le differenze di status sociale non esistono più. Una donna seduta sula brandina sostiene che il malaugurio peggiore che può essere fatto all’essere umano è quello di avere il terremoto in casa. Terribile!”. Ecco però che accanto gli occhi terrorizzati, disperati degli adulti, si assiste alla spontaneità, creatività e giocosità dei bambini che, messi nelle condizioni di fare attività socio-ricreative programmate, come calcetto, attività di disegno, giochi con la presenza di clown, riescono a dare un senso di normalità a se stessi e agli adulti, ai genitori che preoccupati per lo stato psicologico dei figli stessi, cercano comunque di risvegliarsi dal loro torpore. Si rileva in questi attimi la voglia di reagire, di sorridere, di pensare ad una progettualità.
Accanto i bambini e adulti, si assiste alla presenza di un’elevata quantità di anziani, molti dei quali presentano limiti di autonomia personale, determinati dalla presenza di una malattia o multimorbidità fisica. Nonostante ciò sembra che essi sappiaono reagire e adattarsi meglio alle nuove condizioni di vita volendo però, la maggior parte di loro, restare nell’ambiente dove sono nati, cresciuti e vissuti. Lì sono le loro radici e la loro identità da cui non vogliono sradicarsi. Sono fieri della loro terra e con dignità parlano e sostengono il loro dolore.
Piangono la perdita dei loro beni materiali, risultato di una vita di sacrifici, e mentre si raccontano sentono di essere accolti, ascoltati e il loro dolore si attenua, poichè espresso e condiviso. Altri sorridono, raccontano di aver vissuto altri terremoti nel passato, conoscono la loro terra, ma di certo il terremoti appena verificatosi ha avuto un’intensità superiore di gran lunga ai precedenti.
Svolgendo la mia attività anche in qualità di psicoterapeuta- pscico-oncologa metto in evidenza e accenno solo sviluppando il tema poi successivamente. all’analogia tra malattia oncologica e terremoto, Il tumore è un terremoto perchè come quest’ultimo, arriva all’improvviso, è subdolo e attacca inaspettatamente la vita della persona nella sua globalità.