Continua però a calare la mortalità: -4% nello stesso arco di tempo. E tra le under 65 la sopravvivenza complessiva supera il 90%, una delle più alte in Europa. Nel 2018, le diagnosi sono state oltre 52.800 nel nostro Paese.

di MARGHERITA TERASSO

21 febbraio 2019

Da 48mila a 52.800 casi in cinque anni: il tumore al seno non smette di segnare la vita delle donne italiane. Cresce in termini percentuali (+10% dal 2013) e resta, in assoluto, la neoplasia più diffusa e diagnosticata tra la popolazione femminile: un tumore ogni tre (29%) è infatti un tumore mammario. Un aumento dell’incidenza a cui, fortunatamente, non ha fatto seguito quello della mortalità, che invece cala del 4%. Spieghiamo: si tratta di un tumore che continua a colpire duramente, ma che l’oncologia italiana combatte in modo sempre più efficace. E in Friuli? Lo scorso anno i nuovi casi registrati sono stati 1.350, ma la percentuale di sopravvivenza registrata, a cinque anni, si è attestata sull’88%, un punto in più della media nazionale. I numeri sono stati presentati in occasione del convegno nazionale Focus sul Carcinoma Mammario che si è aperto oggi a Udine e riunisce oltre 300 medici da tutta Italia. Lo scopo è fare il punto sulle ultime novità emerse dalla ricerca medico-scientifica.

• COME SI SPIEGA L’AUMENTO DELL’INCIDENZA
Alla conferenza di presentazione dell’evento, Fabio Puglisi, direttore Struttura Operativa Complessa di Oncologia Medica al Cro, Centro di riferimento Oncologico di Aviano, ha subito definito la situazione. “Le diagnosi di tumore mammario, che tocca l’uomo solo per l’1% ed è quindi considerato tumore di genere, sono in crescita per due ragioni – spiega. Perché è aumentata l’età media, e i tumori colpiscono soprattutto in età avanzata; e poi perché vengono realizzate più diagnosi, estendendo la fascia d’età tra 45 e 50 anni”. Per quanto riguarda la mortalità si assiste a un calo significativo, dello 0,8% all’anno, grazie al combinato disposto tra “diagnosi precoce attraverso i programmi di screening” e “miglioramento dei trattamenti, sempre più efficaci”. Il tasso di sopravvivenza in Italia a cinque anni si attesta all’87% mentre la media europea è dell’82%. La percentuale sale fino ad oltre il 90% quando sono coinvolte donne con meno di 65 anni.
• LE NUOVE ARMI A BERSAGLIO MOLECOLARE
“Stiamo ottenendo buoni risultati nel superare i meccanismi di resistenza al trattamento anti-ormonale del carcinoma – riferisce Lucia Del Mastro, coordinatrice della Breast Unit dell’Ospedale Policlinico San Martino di Genova: “Si stanno sviluppando nuovi farmaci, come gli immunoconiugati, che sono in grado di riconoscere il loro bersaglio cellulare e di liberare gli agenti chemioterapici direttamente nella sede tumorale su cui devono agire”. Se ne parla ancora poco, “ma i primi risultati sono estremamente interessanti e le cure sono ancora in via di sperimentazione. L’unica già disponibile in Italia è il TDM-1, un agente disponibile per il carcinoma HER2 positivo”.

• L’IMMUNOTERAPIA NEL CANCRO AL SENO
Sta emergendo poi la possibilità di trattamento con l’immunoterapia, già usata per il tumore polmonare, che attraverso appositi farmaci spinge il sistema immunitario a contrastare il cancro. “L’immunoterapia per il tumore al seno ha un po’ stentato – precisa Michelino De Laurentiis, direttore del Dipartimento di Senologia e Toraco-Polmonare dell’Istituto Tumori di Napoli – ma alcuni mesi fa abbiamo visto i primi risultati positivi con un farmaco immunoterapico, l’atezolizumab, che, aggiunto alla chemioterapia, ne potenzia l’efficacia in circa la metà dei tumori ‘triplo-negativi’ in fase avanzata. Per ora si tratta di un trattamento sperimentale, ma sono ottimista”.

• I PROGRESSI NELLA DIAGNOSI
Chiara Zuiani, past-president della sezione di Senologia della Società Italiana Radiologia Medica, sottolinea l’importanza della diagnosi precoce per identificare la patologia: “Oltre alla mammografia, strumento di riferimento, alcune categorie di donne dovrebbero ogni anno sottoporsi ad una risonanza magnetica mammaria con mezzo di contrasto, per esempio le portatrici di una mutazione dei geni BRCA o quelle che hanno un’importante storia familiare di carcinoma mammario” afferma. Ma è fondamentale sapere che nessuna indagine è perfetta. “La mammografia può non vedere un tumore – aggiunge Zuiani – e questo è alla base dello sforzo del settore dell’imaging nel cercare nuove tecniche: ad esempio, stiamo valutando l’efficacia e il costo della mammografia digitale e la sua evoluzione, quella tridimensionale. Nei prossimi anni questi nuovi strumenti impatteranno in maniera significativa”. Sono 12mila ogni anno i nuovi casi di tumore metastatico, comprese le recidive. “Il ritardo diagnostico ha delle conseguenze – conclude Puglisi: “La persona, sia dal punto di vista chirurgico sia delle terapie mediche, parte svantaggiata e ha maggiore probabilità di cadere nella recidiva, al di là delle caratteristiche intrinseche del tumore, più o meno aggressivo”.
 

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