Inerente questo importantissimo argomento pubblichiamo una lettera inviata al blog di Concita De Gregorio sul sito di Repubblica dal titolo

Curare l’uomo, non la malattia”

Per sempre grati Roberta, Rita e Giancarlo Bartoletti di Giovanni Bartoletti detto Lillo

“Vorrei narrarti dei luoghi non luoghi dove oggi in Italia si accompagna alla morte chi ami. Si chiamano Hospice fine vita. Per mio padre, morto il 22 febbraio, La Fondazione sanità e ricerca, a Roma. Qui,  donne e uomini straordinari, riconoscono dignità al dolore, alla sofferenza fisica e psichica, alla malattia terminale e offrono cura al malato e non alla malattia. Mio padre, uomo buono, forte e autoritario, leale, geniale  ed irascibile, condottiero di mille battaglie politiche, innamorato della sua storia comunista e laica, romanista prima di tutto, ha compiuto gli ultimi passi verso un luogo che non riconosceva, l’aldilà, rispettato ogni istante, accudito nella sua storia”.

“Ha creduto di poter ancora vivere, ha sognato il mare di San Giuliano di Rimini, ha spento 95 candeline e non una di meno, ha parlato da ateo, ogni giorno con il sacerdote, ha giocato a carte per far contenti i volontari (così diceva) ha raccontato la sua storia ed è stato ascoltato, gli hanno fatto barba e capelli (le volontarie) è stato chiamato Lillo il suo nome altro ma l’unico in cui si riconoscesse (sulla porta della stanza Giovanni detto Lillo, i cognomi non servono più), ha detto a mia madre quanto l’amasse, l’ha implorata di non lasciarlo solo davanti alla morte”.

“Si è aperto per magia il secondo letto a fianco, così nella loro camera da marito e moglie, guardando un albero maestoso, hanno cercato il sonno per tanti giorni. Papà mi ha detto chi ero, in quei giorni, sapeva tutto di me. Mi ha guardato come il dono più bello della sua vita, non era scontato tra noi che abbiamo sempre affrontato da pugili i nostri incontri. Ha definito pregi e difetti miei e di mio fratello, ha cercato chi non c’era più travolto da ogni emozione, sua figlia e suo figlio, sua mamma e i suoi cinque fratelli, ha accolto le visite nella sua casa stanza, ordinato e pulito, pronto alla battuta ed alla polemica,  ha goduto dell’amore di tutti,  medici e infermieri. Angeli in terra”.

“La sera di capodanno hanno detto a Lillo detto Giovanni che lo avrebbero portato in spalla a vedere i fuochi del Gianicolo, glieli hanno raccontati così bene che lui ha creduto di stare, al freddo tiepido dell’inverno di Roma sul tetto dell’Hospice. Grazie dr. Tirelli, dr.ssa Pieroni, dr.ssa Galeano, dr. Lombardo, Teresa, Robertina, Alessia, Chiara ,Francesca, Sally, Ilaria, Emilia, Francesco, Abramo, Elisa, Maddalena, so che i nomi non ci sono tutti ma i volti e le anime belle sì! Perdonatemi. Grazie al bar animato da persone che offrono prima parole belle poi caffè, prima sorrisi poi panini. Grazie alle signore dell’accoglienza che  ti mostrano, con la loro grazia discreta, che sei arrivato a casa. Grazie!”.

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