Da ONCOLINE, il canale di oncologia di La Repubblica:

24/07/2019

Il 70% dei pazienti vorrebbe un supporto ma spesso il servizio non è “disponibile”. Lo rivela un sondaggio condotto su circa 4000 malati di cancro in 10 paesi da All.Can international cancer initiative

Un malato di cancro su tre non ha accesso a un supporto psicologico, anche se pensa di averne bisogno. È risultato dall’ultimo rapporto All.Can International cancer initiative, realizzato sulla base dei risultati di un sondaggio che ha coinvolto circa 4000 pazienti affetti da diversi tipi di tumore in 10 paesi, tra cui l’Italia.

7 su 10 avrebbero bisogno dello psicologo

Secondo il report di All.Can – un’alleanza sostenuta in 19 Paesi, tra cui il nostro, che si occupa di elaborare strategie a lungo termine per migliorare la vita dei pazienti oncologici – circa sette intervistati su dieci, il 69% del campione, hanno affermato di avere o di aver avuto bisogno di supporto psicologico durante o dopo le cure, ma oltre un terzo di loro (il 34%) ha dichiarato che questo supporto non era ‘disponibile’ (dato che in Italia è però al 25%), e che per altro quando lo è stato non è sempre è stato utile e adeguato. Non soltanto: due pazienti su cinque (41%) hanno detto di non aver ricevuto informazioni dagli operatori sanitari che li assistevano su eventuali gruppi di sostegno per pazienti od organizzazioni di volontariato in grado di sostenerli lungo il percorso della malattia.

Un gap da colmare

Eppure “il supporto psicologico oggi è riconosciuto come una componente essenziale dell’approccio multidisciplinare al cancro” come ha dichiarato Matti Aapro, della Clinique de Genolier, centro svizzero specializzato nella cura delle malattie oncologiche, e membro del comitato direttivo di All.Can. “Sfortunatamente – ha però aggiunto Aapro – nella pratica spesso non è così, ed è un gap importante, che va colmato”. Perché l’angoscia che accompagna chi soffre di cancro peggiora sensibilmente la qualità di vita, già compromessa dalla malattia, e rischia anche di avere un impatto sulla sopravvivenza, visto che i malati di cancro affetti da depressione avrebbero un rischio maggiore di mortalità del 39%, viene ricordato in una nota che accompagna l’uscita del documento. Che non tratta solo psicologia. Nello studio di All.Can c’è di più.

Il ritardo nella diagnosi

Sempre basandosi sull’esperienza raccolta tra pazienti, il rapporto identifica infatti quattro punti chiave sui quali secondo gli esperti chi si occupa, a diversi livelli, di malattie oncologiche dovrebbe intervenire. Il primo punto riguarda la diagnosi, che deve essere accurata e va garantita in tempi rapidi. Un quarto degli intervistati (26%) ha in effetti dichiarato che arrivare alla diagnosi è stata la fase più inefficiente del percorso di cura, e quasi un terzo (32%) che il suo tumore è stato inizialmente diagnosticato come qualcos’altro, una volta o più volte.

La condivisione delle opzioni terapeutiche

Il secondo punto chiave riguarda la comunicazione tra medico e paziente e la condivisione delle scelte. Quasi la metà del campione (il 47%) non si è sentita sufficientemente coinvolta nella scelta delle opzioni di cura e il 39% ha riferito di non aver mai ricevuto, o solo qualche volta, un adeguato sostegno per affrontare sintomi ed effetti collaterali delle terapie.

Assistenza integrata

Il terzo punto si concentra sull’assistenza multidisciplinare integrata, che deve diventare per All.Can una realtà per tutti. Sette intervistati su dieci (69%), come dicevamo, hanno affermato di aver bisogno di supporto psicologico durante o dopo la cura, ma un terzo (34%) ha dichiarato di non avere avuto la possibilità di accedervi. Ma assistenza multidisciplinare non significa solo servizio psicologico. Quasi un quarto degli intervistati (il 24%) ha detto di non avere la possibilità di accedere ad altri professionisti, come il nutrizionista o il fisioterapista.

Cancro e soldi

Infine, il quarto punto è sul rapporto tra soldi e tumori, sulla cosiddetta tossicità finanziaria del cancro, come diciamo oggi in Italia. Che rappresenta un grande problema per molti, moltissimi malati: il 26% degli intervistati ha riportato una perdita di reddito da lavoro dovuta ai trattamenti del cancro. A questo proposito da uno studio italiano, pubblicato su Annals of Oncology a fine 2016 che misurava la qualità della vita di 3800 persone con tumore del polmone, della mammella o dell’ovaio, è emerso che circa un quarto dei malati (22%) vive un disagio economico legato alla malattia. Ora arriva anche lo studio europeo a confermare quello che ormai è chiaro: il cancro impoverisce.

Farsi guidare dai pazienti

“È davvero importante che come medici ascoltiamo quello che con questo sondaggio ci dicono i pazienti”, ha detto Christobel Saunders, membro internazionale di All.Can, chirurgo senologo e professore di oncologia chirurgica all’Università dell’Australia Occidentale. “Ciascuno dei temi identificati – aggiunge Saunders – è un’opportunità per migliorare la cura del cancro e raggiungere un’assistenza che sia veramente guidata dal paziente”.

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