Pubblichiamo un articolo di Repubblica Salute del 9 Novembre 2020 di Brunella Gasperini, su una tematica che lo IOM ha molto a cuore e su cui da sempre lavora : non lasciare sole le persone più fragili nei momenti di difficoltà. La malattia crea isolamento e solitudine e la mission dell’Associazione è anche quella di supportare e sostenere i pazienti oncologici e i suoi familiari in un momento particolarmente  doloroso.

L’emergenza Covid-19 ha generato paure e disagi costringendoci ad isolarci per salvaguardare la nostra salute. Ma…..”Invece di distanza sociale, potremmo dire distanza fisica. Al posto di allontanamento sociale usare allontanamento fisico. Evitare di usare il verbo Isolare, parlare piuttosto di Proteggere. Scegliere i termini è importante per non sovrapporre concetti, non confondere. Le parole sono potenti, smuovono significati attraverso i quali percepiamo, interpretiamo, ci comportiamo. È stata la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità a raccomandare ufficialmente l’uso dell’espressione distanziamento fisico al posto di distanziamento sociale per sottolineare l’importanza del contatto tra le persone per il benessere psicologico.

Distanziamento sociale in effetti suggestiona in modo sottile sensi diversi dal mantenere una certa distanza, piuttosto fa pensare alla necessità di evitare relazioni, di rimanere alla larga dagli altri. Scoraggia le interazioni proprio in un momento in cui invece ne abbiamo più bisogno, in cui cresce l’esigenza di mantenerci sociali, di comunicare, di confrontarci. Di dire anche che abbiamo paura, che siamo preoccupati o arrabbiati.

Parlare di isolamento, poi, rimanda ad una condizione di punizione. Non a caso è una misura disciplinare per i detenuti, una tortura altre volte. E un passo della violenza psicologica: quando una persona vuole esercitare controllo su un’altra, comincia proprio con l’isolarla dagli altri. L’isolamento porta ansia, solitudine, paura, dolore. Potrebbe diventare la minaccia per una nuova crisi.

Le misure anticontagio in realtà ci chiedono di mantenere una distanza di sicurezza interpersonale, una larghezza tra le persone per ridurre la possibilità che il virus si diffonda. Uno spazio che si misura in centimetri o metri quadrati, non in confini psicologici. Il virus è abile nel saltare da una persona all’altra ma non ha potere sui legami, sulle relazioni, sulla possibilità di trovarci e sostenerci a vicenda. Anche da questo dobbiamo proteggerci perché stiamo rischiando invece di allentare i rapporti, di rinforzare diffidenza e solitudine.

Benessere fisico e psicologico

Forse stiamo dimenticando che il benessere psicologico è altrettanto importante di quello fisico. Che in questo momento la salute fisica è salvaguardata dalla distanza ma quella psicologica dalla vicinanza. Che si può essere fisicamente distanti da qualcuno pur rimanendo emotivamente vicini. La scienza dice che le nostre menti tendono a confondere distanza fisica e sociale. Siamo abituati a condurre le relazioni intime, quelle profonde, a distanze minime, predisposti a trattare l’intimità come prossimità, così mettere spazio può in effetti far sentire isolati. Quando qualcosa ci spaventa inoltre tendiamo a chiuderci, a voltarci verso l’interno, ad alzare muri, ad attuare un lockdown personale per proteggerci. Ma questa è la cosa peggiore da fare.

Per questo è necessario impegnarci in modo particolare proprio adesso per salvaguardare le relazioni. Siamo esseri sociali, abbiamo bisogno di interagire l’uno con l’altro. Ci piace pensarci autonomi e indipendenti ma l’interazione sociale è una necessità, abbiamo bisogno di appartnere, il nostro sistema operativo è predisposto ad entrare in relazione, siamo dotati di straordinari neuroni specchio per sintonizzarci emotivamente con gli altri. Abbiamo un cervello sociale sorprendente programmato per condividere, collaborare. E i legami hanno poteri straordinari. Esiste una vasta letteratura scientifica sulle vie neurobiologiche attraverso le quali il supporto sociale agisce per favorire resilienza e ridurre il rischio di sviluppare malattia. Per stare bene, la scienza raccomanda relazioni, interazioni, scambi.

Manteniamo in forma le nostre abilità sociali

Rispettare distanze fisiche non significa isolarsi nelle nostre case. Così come fanno gli sportivi, dovremmo fare esercizio quotidiano per tenere in forma le nostre abilità sociali, per esercitare la fiducia. Mantenersi allenati nel trattare gli uni con gli altri. Telefoniamo, scriviamo, contattiamo, videochiamiamo, pensiamo chi possiamo raggiungere. Le interazioni attraverso gli schermi permettono comunque di connetterci, di guardarci negli occhi, di fare due chiacchiere, di bere insieme un caffè. Non potremmo fare a meno degli incontri dal vivo per sempre ma gli scambi on line adesso possono in parte consolarci. Le neuroscienze ci dicono tra l’altro che il nostro cervello, straordinario nella capacità di reagire, cambiare e riorganizzarsi, è in grado in un certo modo di rispondere ad esempio alle interazioni tattili virtuali. È stato visto anche che le aree deputate a reagire alle espressioni del viso risuonano allo stesso modo di fronte alle faccine emoticon usate nelle chat.

Se le misure ci separano possiamo impegnarci per cercare di tenerci uniti, stringendo le connessioni quotidiane, stabilendo contatti, inventando modi per stare vicini, per condividere e sostenerci, sfruttando condizioni che le circostanze normali tra l’altro non ci permetterebbero. Possiamo approfittare anche di piccole interazioni della routine quotidiana come sorriderci attraverso le mascherine in strada ad esempio, scambiare una parola tra balconi, tentare una gentilezza con i vicini. Alleniamo i nostri neuroni specchio, stimoliamo il nostro sistema di coinvolgimento sociale, sembrano cose inutili ma possono fare la differenza a lungo termine per superarare questo momento.
 

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