Pubblichiamo un articolo del Corriere.it di Vera Martinella dell’8 Novembre 2020
La Federazione delle associazioni di volontariato in oncologia (Favo): «Approvare Piano oncologico nazionale». Sono 3,6 milioni gli italiani vivi dopo la diagnosi di tumore
Sono 3,6 milioni i cittadini italiani vivi dopo la diagnosi di tumore, con un incremento del 37% rispetto a 10 anni fa. Milioni di persone che sono guarite oppure convivono con una neoplasia che sono riusciti a cronicizzare o che, avendola scoperta da poco, sono ancora nel pieno delle terapie. Quasi tutte hanno subito un forte impatto psicologico, con gravi conseguenze sulla salute mentale per oltre il 65% dei malati di cancro e con un rilevante disagio economico per il 70%. A tutto questo si è poi aggiunta l’epidemia di Covid-19, che si è rivelata letale per un paziente oncologico su quattro. A denunciare la situazione di emergenza e le grandi difficoltà del momento sono stati nei giorni scorsi sia gli specialisti oncologi, sia la Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia (Favo), che ha presentato il Rapporto annuale sulla condizione assistenziale dei malati oncologici.
Più morti per cancro nel 2021 a causa del coronavirus
L’esperienza acquisita nel corso della prima fase della pandemia vede oggi un impatto positivo nell’aumento delle guarigioni da Covid-19, nella riduzione di ricoveri in terapia intensiva e nel minor numero di decessi. «I malati di cancro però — sottolinea Francesco De Lorenzo, presidente Favo e past president della European Cancer Patient Coalition — constatano con viva amarezza che nella fase 2 è stato invece fatto molto poco per garantire continuità di accesso alla diagnosi, ai trattamenti terapeutici e agli screening, condizione questa che porterà a registrare inevitabilmente un consistente aumento del numero di morti per cancro, non soltanto per il 2021 ma anche negli anni successivi. Ci troviamo pertanto nel mezzo di una vera e propria emergenza oncologica». Già a maggio Favo aveva reso noti datiche mettevano in luce come l’epidemia avesse causato ritardi nel 64% degli interventi chirurgici oncologici e le visite fossero diminuite del 57%: per questo pazienti e medici insieme avevano preparato un documento-guida concreto per affrontare la fase 2 «perché i tumori non sono meno gravi del Covid-19 e ulteriori ritardi nella programmazione dell’assistenza rischiano di compromettere le possibilità di sopravvivenza di migliaia di malati oncologici — sottolinea Elisabetta Iannelli, segretario nazionale Favo e vicepresidente dell’Associazione italiana malati di cancro (Aimac) —. Nel Documento i pazienti e le società scientifiche si univano nella richiesta alle Istituzioni interventi urgenti, che però non sono stati attuati».
Perché servono le Reti oncologiche regionali
«Nel 2020, in Italia sono stimati 377mila nuovi casi di tumore — spiega Giordano Beretta, presidente nazionale dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) e responsabile dell’Oncologia medica all’Humanitas Gavazzeni di Bergamo —. Le malattie oncologiche hanno un forte impatto sulla vita dei pazienti e su quella delle loro famiglie, condizionandone moltissimi aspetti, dal lavoro alla sfera delle relazioni sociali, dalla condizione economica a quella psicologica. Sul fronte dell’organizzazione, la svolta è rappresentata dalla reale istituzione delle Reti oncologiche regionali, attive solo in alcune regioni e in forme diverse. La concreta realizzazione di questi network consentirà di migliorare i livelli di appropriatezza, di estendere a tutti i cittadini i programmi di prevenzione e di risparmiare risorse da utilizzare per velocizzare l’accesso ai farmaci innovativi». «Oggi Favo — continua De Lorenzo — chiede che venga subito approvato il nuovo Documento tecnico di indirizzo per ridurre il carico di malattia del cancro (Piano oncologico nazionale), con un contestuale indispensabile monitoraggio. Il Piano deve porre al centro della programmazione le Reti oncologiche regionali, tenendo conto del documento sulle “Revisione delle linee guida organizzative e delle raccomandazioni per la Rete oncologica”, con cui le rappresentanze dei malati hanno finalmente l’opportunità di incidere in modo determinante in ogni aspetto dell’assistenza e della cura, dalla definizione dei percorsi, all’individuazione dei nuovi trattamenti terapeutici, fino alla valutazione dei servizi». Un conforto viene poi dalla Commissione Europea che ha finanziato cinque missioni per trovare soluzioni alle cinque sfide di salute globale che il mondo sta affrontando, con uno stanziamento di 100 miliardi. Walter Ricciardi, presidente della Missione sul cancro, il cui obiettivo è salvare tre milioni di vite entro il 2030, sottolinea che «per raggiungere questo scopo sono state individuate cinque aree di intervento: comprendere, prevenire ciò che si può prevenire, ottimizzare la diagnostica e il trattamento, sostenere la qualità della vita, garantire un accesso equo. La “Mission” rappresenta una grande opportunità per il Paese di unire le nostre migliori eccellenze in ricerca e assistenza al fine di attivare preziose sinergie e condividere le diverse competenze in ambito oncologico. Propone 13 raccomandazioni coraggiose, mirate a interventi precisi, incentrate sulle esigenze delle persone e che richiedono un livello di cooperazione mai visto prima tra cittadini, ricercatori, istituzioni e Paesi».