La crisi di Clara

Un pomeriggio Davide mandò un messaggio a Clara e lei gli rispose con parole senza senso.

Davide si precipitò a casa sua, aprì la porta e la vide seduta per terra in pigiama appoggiata al divano che scriveva sul telefonino con gesti rapidi e rispondeva alle sue domande con parole confuse.

“Non sei andata al lavoro?”

“Oggi è domenica.”

“No Clara, è mercoledì. Hai preso le medicine?”

“Non ho bisogno delle medicine.”

Davide si mise seduto accanto a lei e chiamò lo psichiatra per sapere la dose giusta di farmaco da dare a Clara, poi la fece lavare e rivestire.

Prese un borsone e ci mise dentro un po’ di vestiti, chiamò anche il medico di base per chiedere giorni di malattia per Clara, lo psichiatra avrebbe inviato il certificato e comunicò l’indirizzo per le visite.

La donna restava per lo più in silenzio e non sempre capiva le domande. Appena arrivati a casa sua, Davide la aiutò a spogliarsi e la mise a letto dicendole di dormire e di stare tranquilla.

Nei giorni successivi piano piano Clara riacquistò lucidità, ma come spesso capitava quando aumentava la dose del farmaco andò in depressione.

“Dobbiamo scalare la medicina gradualmente e tornare alle dosi normali, ha detto lo psichiatra” le disse Davide vedendola a terra.

“Mia sorella?”

“Non ti preoccupare Clara, i tuoi si stanno occupando di lei, tu ora devi pensare a te, era prevedibile che stessi male, dopo l’intervento e le terapie sei riuscita a reggere, ma con i problemi miei e poi di Roberta sei crollata, ma ci sono io con te.”

Clara cominciò a piangere. Piangeva raramente, si sentiva in colpa per quello che era successo, non pensava che sarebbe sopraggiunta una nuova crisi, si sentiva forte.

“Ho sbagliato, dovevo fermarmi e riposarmi di più, grazie.”

“Non devi ringraziarmi, io ti amo, voglio solo che tu stia bene e ti sono vicino come tu hai fatto con me. Nei prossimi giorni andiamo dalla psicologa e dallo psichiatra e facciamo il punto della situazione, non hai preso per qualche giorno i farmaci, forse anche per questo hai avuto una crisi.”

“Mi capita quando sto male, perdo la cognizione del tempo e dello spazio, era mia sorella a intervenire e mi stava vicino.”

“Ora ci sono io con te.”

“Mi sento a pezzi.”

“È la dose di farmaco e la conseguenza della crisi.”

“Hai studiato” gli disse con un mezzo sorriso Clara.

“Mi sono documentato, per il tuo bene. Te la senti di uscire a fare una piccola passeggiata? Hai dormito fino a tardi stamattina, un po’ di aria ti farà bene.”

“Ok, andiamo.”

Abbracciati camminarono per un po’ sul viale vicino casa, guardando distrattamente le vetrine dei negozi.

“Avrei voluto chiedertelo in circostanze diverse, ma credo che sia arrivato il momento di abitare insieme, sia perché ci amiamo, sia perché dobbiamo occuparci l’uno dell’altro, non immagino la mia vita senza di te, e nonostante le difficoltà voglio svegliarmi vicino a te tutte le mattine e chiederti come stai e leggere nei tuoi occhi tutte le emozioni che provi, e se dovessi vederti triste aiutarti a reagire.”

“Scusami se non ho voluto fin’ora abitare con te, ma ho faticato molto per acquistare la mia indipendenza e non voglio essere di peso a nessuno.”

“Sei tu la più forte, hai avuto solo una crisi, ma la stai superando, non sentirti sbagliata per questo.”

“Ho paura che non possa funzionare tra noi.”

“In questi pochi mesi ne abbiamo vissute tante insieme e siamo più uniti dell’inizio.”

“Hai ragione, è che ora non ho una visione positiva delle cose.”

“È normale. Sei stanca, vuoi che rientriamo?”

“Sì.”

“Ora ti rimetti in sesto e poi pensiamo a come organizzare il trasloco.”

“Va bene.”

Clara baciò Davide e lo strinse forte a sé, non era più sola.

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